


Nell’Inverno 1942 - 1943, l’Armata Italiana schierata in Russia, sulle rive del fiume Don, andò incontro a una terribile disfatta.
Nel vasto oceano di vicende dei milioni di uomini coinvolti in questa epopea tragica e gloriosa, spicca quella di un Battaglione di Alpini della Divisione Alpina Tridentina: il Battaglione Verona. Una vicenda che ebbe il suo culmine in un’alba del Gennaio 1943, durante la rovinosa ritirata dalla linea del fronte.
Quell’alba, i Soldati del Battaglione Verona si guardarono negli occhi.
Erano dispersi nella steppa russa, bianca di neve ghiacciata.
Erano a migliaia di chilometri da casa, a decine di gradi sotto zero.
Erano circondati da ogni lato da soldati Russi, più numerosi e meglio equipaggiati di loro, pronti a di- fendere il suolo della propria patria, ad annientare definitivamente gli eserciti invasori.
Gli Alpini avevano due possibilità.
Arrendersi e finire nei campi di prigionia.
O continuare a combattere nel tentativo disperato di aprire una strada verso casa per sé stessi e per la marea umana dei Soldati in ritirata.
Presero la loro decisione.
Gli Alpini del Verona fecero a pezzi la Bandiera del Battaglione e se ne spartirono i brandelli. Chi, lungo il cammino, non avesse più avuto forza di avanzare avrebbe passato il proprio brandello di
Bandiera a chiunque fosse ancora in grado di battersi e camminare verso l’Italia. Nell’estate del 1946 la Bandiera di quel Battaglione, interamente ricom- posta, sfilò per le vie della città di Verona.
Questa è la storia di alcuni uomini di quel Battaglione: PIETRO, il nostro vero protaonista. Ufficiale di Complemento e uomo tutto di un pezzo con alle spalle la campagna di Grecia e Albania. Nonostante abbia già fatto la “sua parte” e si sia guadagnato il diritto di stare a casa con la moglie MARIA e i due figli piccoli, decide di partire per il fronte Russo e di condividere, da Capitano di Compagnia, il destino della sua “famiglia Alpina”;
Sinossi
GIORGIO, giovane fratello di Pietro. Sensibile e intelligente, è studente universitario proprio grazie ai sacrifici del fratello maggiore; fragile e con scarsa attitudine militare è imbevuto di entusiasmo ideologico e soprattutto di desiderio di emulazione di Pietro;
BRUNO, selvatico montanaro, ragazzo indomito. Vive di caccia di frodo, abituato a pensare solo a se stesso e a preservare la propria condizione di vita autonoma e isolata;
MOLINARI, Capitano Medico. E’ un uomo dolcissimo dotato di grande ironia e smisurata umanità. E’ fraterno amico di Pietro, col quale ha già condiviso l’esperienza durissima della guerra in Albania e Grecia.
PADRE GEREMIA, frate francescano cappuccino che sublima la propria vocazione scegliendo la mis- sione di Cappellano Militare per assistere gli Alpini al fronte e per condividerne fatiche e sofferenze;
ITALO, allegro e scanzonato fotografo di origine abruzzese. Si arruola volontario per esaltare, con la sua macchina fotografica, le imprese delle Penne Nere;
ORESTE, possente tagliaboschi, ingenuo, rude e scontroso, ma sostanzialmente buono come il pane e VITTORINO, furbo e vivacissimo guardiano di muli. E’ piccolo, magrissimo e storto come un chiodo;
LUIGI, simpaticissimo Alpino siciliano e cuoco del Battaglione che, al momento di partire, chiede alla fidanzata se voglia sposarlo e, in caso affermativo, di aspettarlo vestita di bianco...
DON ANTONIO MONCHIETTO, amatissimo Cappellano del Battaglione Verona.


Uomini con passati e prospettive diverse, con idee e personalità contrastanti.
Si ritrovano tutti sullo stesso treno. Uno delle centinaia di convogli che, carichi di Alpini, muli e arma- menti sbuffano verso la steppa Russa.
Tutti loro agli ordini dello stesso Comandante, il MAGGIORE MOSE’ BONGIOANNI,
Ufficiale rude e umanissimo, che ha già molti anni di “naja alpina” e di guerra sulle spalle.
Tutti loro sotto la Bandiera del Battaglione Verona.
Gli Alpini della Tridentina comandati dal leggendario GENERALE LUIGI REVERBERI, chiamato dai suoi Alpini “General Gazuza” per via del suo carattere sempre vivace e frizzante...
In quattro anni di guerra l’Unione Sovietica respinse l’attacco della più grande armata della storia e costrinse gli eserciti invasori a ritirarsi nei loro confini.
Durante quella ritirata morirono 114.420 soldati italiani.
Nel bollettino di guerra sovietico n. 630, dell'8 febbraio 1943, così si legge:
SOLTANTO IL CORPO D'ARMATA ALPINO ITALIANO DEVE RITENERSI IMBATTUTO
SUL SUOLO DI RUSSIA.


